Algeria: Elezioni presidenziali, elettori in calo


 

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Il tasso di gradimento degli elettori, già salito dal 74% del 1999 all’85% nella rielezione del 2004, è destinato ad aumentare ancora in occasione del terzo mandato, per il quale si è votato ieri 9 aprile. Peccato che il quesito alla base di questo importante appuntamento non sia costituito dal suo esito, sicuramente plebiscitario per la riconferma del 72enne presidente in carica Abdaliziz Bouteflika, ma dai dati sull’affluenza alle urne. La campagna elettorale che ha portato a queste elezioni non è stata contrassegnata dalla disputa sui temi politici, sociali, soprattutto economici, vista la crisi recessiva mondiale in atto. L’oggetto del contendere è stata l’opportunità di boicottare la consultazione.

All’origine dei fatti la decisione maturata nel 2006 di modificare la Costituzione al fine di eliminare un qualsiasi limite alla possibilità di ricandidarsi. Il tutto condito da un sensibile aumento dei poteri del Presidente nei confronti del Parlamento. Una legge ad hoc del 12 novembre scorso ha formalizzato definitivamente l’intenzione del Presidente: Bouteflika, maestro nella comunicazione, in assenza di avversari capaci di infastidirlo o di metterne in pericolo la leadership, tiene il potere saldamente in mano da ormai dieci anni, durante i quali ha profondamente rivoluzionato gli assetti ed i vertici dello Stato. Ieri è stato eletto per la terza volta e lo sarebbe ancora una quarta ed un a quinta, se la salute non avesse cominciato a dare segni di cedimento (nel novembre 2005 e nell’aprile 2006 è stato ricoverato per ulcera gastrica, secondo la versione ufficiale; per cancro allo stomaco, secondo indiscrezioni).

Considerata la tendenza alla rielezione in forte incremento in alcuni Paesi in via di Sviluppo (Mubarak, Benali, Chavez sono solo i casi più recenti fra tanti), e se si tiene conto dei risultati rimarchevoli della sua presidenza, il risanamento economico, il lancio di parecchi megaprogetti infrastrutturali, l’ammodernamento del Paese e – soprattutto – la pacificazione nazionale fortemente voluta, accompagnata dal recupero alla politica della forte componente islamica, la cosa potrebbe essere considerata anche positiva. Il problema sta nella brusca inversione di tendenza rispetto al vigoroso processo di democratizzazione reale che Zeroual aveva avviato a partire dal 1994 con il completamento del quadro istituzionale e la formale legittimazione democratica delle Istituzioni del Paese, l’avvio, la maturazione ed il consolidamento del pluralismo politico, il definitivo abbandono del monopartitismo ed il divieto di qualsivoglia «ispirazione religiosa» nella denominazione e nell’attività dei partiti politici.

L’approntamento di istituzioni legittime sostenne lo Stato di diritto e la democrazia. Da questo punto di vista l’Algeria ruppe dunque ogni forma di continuità e di riferimento a tutti i sistemi politici che ha conosciuto dal 1962 in poi. A tempo di record il Paese risolse il problema della transizione politica evitando derive, scogli e soprattutto manovre interne ed esterne per far fallire un processo decisivo per l’avvenire del Paese. Questo percorso aveva consentito all’Algeria di divenire, rara condizione nel sud del mondo, un Paese formalmente dotato di istituzioni legittime, di una democrazia pluralista e, pertanto, d’uno Stato di diritto. La scommessa era stata vinta nonostante la barbarie del terrorismo e dei suoi mandanti e referenti stranieri.

L’ultima legge costituzionale ha bruscamente invertito il senso di marcia ed ha mobilitato le opposizioni, che, incapaci di esprimere un candidato, si sono battute per la diserzione dei seggi.

Significativo e tetro il quadro dipinto, al riguardo, il 22 febbraio di quest’anno sul quotidiano «Le Soir d’Algerie» da Abdelhak Bererhi, già Ambasciatore algerino a Singapore e Ministro dell’Istruzione prima dell’avvento di Bouteflika, oggi coordinatore del Comité des Citoyens pour la Défense de la République (CCDR): «Vi è una crisi bella e buona dello Stato, della nazione e della società. Che fare? Occorre restare con le braccia incrociate ed ammettere la nostra impotenza, come diceva un gran numero di cittadini, o proseguire la lotta? Occorre attendere l’irrompere di un terremoto sociale, l’esplosione della strada, con le conseguenze imprevedibili, come quella di consegnare il Paese alle più grandi derive? Questa diffidenza e questo rifiuto d’ogni tipo di compromessi devono, al contrario, sfociare in un’azione patriottica di salvaguardia della Repubblica e della Democrazia. Il popolo ha sempre respinto questo sistema dittatoriale con dei movimenti cittadini compositi: rivolte studentesche degli anni ’60 e ’70, primavera berbera degli anni ’80, ottobre ’88, movimento degli ‘Arouch’ nel 2001, Tkout, scioperi sindacali spontanei, Berianne, esplosioni sociali…».

In definitiva, l’affluenza alle urne è rimasta pressoché costante nelle due prime tornate, attestandosi attorno al 60%, ed è crollata ieri a meno del 10% secondo la testimonianza diretta del giornalista Youcef Benmokhtar sulla testata online algerina “Le Financier” (www.lefinancier-dz.com). “Milioni di SMS – scriveva ieri pomeriggio – sono stati inviati dai tre operatori nazionali incitando i cittadini ad andare a votare. Lo stesso Bouteflika, terrorizzato dall’idea dell’astensione, supplica gli Algerini di andare a votare, anche contro di lui, ma andare a votare. Malgrado tutto, l’aggressione subita dalla popolazione per settimane, i tentativi d’intimidazione a servizio di un candidato «di stato», gli Algerini sembrano aver preso coscienza della necessità di resistere pacificamente attraverso il boicottaggio delle elezioni… A fine pomeriggio ad Algeri abbiamo potuto visitare una trentina di seggi elettorali, pressoché vuoti. Meno del 6% degli elettori hanno giudicato giusto recarsi a votare”. Eppure, a dispetto dell’evidenza, ieri sera il Ministero degli Interni algerino annunciava una partecipazione superiore al 62%. 

 

2 Risposte

  1. http://www.carlopanella.it/web/dett-edi.asp?ID=708

    Algeria: dittatura laica, ma egemonizzata dal fondamentalismo (Il Foglio del 9 aprile)

    L’unica sorpresa che possono dare le urne algerine è la percentuale dei votanti, che nel 2004 fu solo del 55%: il risultato è invece scontato e certamente Abdelaziz Bouteflika verrà eletto, per la terza volta, presidente. E’ il sigillo di un potere semi dittatoriale, a copertura di un controllo del paese basato essenzialmente sulle trame dei servizi segreti, che Bouteflika intende ora prorogare per altri cinque anni. Non uno degli obbiettivi che Bouteflika ha promesso di conseguire nel corso dei due precedenti mandati, è stato raggiunto. La crisi economica è sempre gravissima (5 milioni di algerini vivono in povertà assoluta); la graduale sostituzione del petrolio (che entro il 2002 dimezzerà i proventi) con lo sviluppo dell’industria e turismo, non è stata neanche avviata; il terrorismo non è stato espugnato, ma solo contenuto in una ormai cronica dimensione di 400-500 morti l’anno (vicina a quella dell’Iraq di oggi). La questione della Cabilia è sempre più grave e i berberi cabili continuano a lottare per le loro pur blandissime richieste di autonomia. Neanche la promessa di un miglioramento del codice di famiglia dettato dagli ulema è stata mantenuta e le donne algerine per sposarsi –di fatto- devono ancora essere autorizzate dai maschi. Quanto a democrazia, Le Monde denuncia in continuazione la sistematica persecuzione di giornalisti, il loro arresto, la loro condanna. Una legge di due anni fa, spiega l’essenza autoritaria su cui si regge il regime di Bouteflika in un matrimonio blasfemo tra il laici del Fnl e il fondamentalismo: dal 2006, chiunque tenti di convertire un islamico, è condannato a due anni di prigione. Dunque, Bouteflika regna grazie alla cooptazione del fondamentalismo islamico nello Stato e nelle sue leggi. Ha creato un “recinto” di democrazia, ristretto ai salafiti che hanno abbandonato la logica del Jihad che portò alla guerra civile del 1992-98, a alcuni intellettuali laici che sono veementemente accusati in Francia di reprimere il dissenso, come il ministro della Cultura Khalida Toumi, e il tutto si regge sulla potenza e sulla penetrazione nella vita del paese dei servizi segreti. E’ un modello classico di autoritarismo islamico, democrazia ristretta ad una piccola cerchia sociale, rifiuto di ogni concessione di autonomia alle minoranze, incapacità totale di sviluppo economico e soprattutto, una minima base di consenso popolare, retta dai profitti del petrolio e dall’abbandono di ogni prospettiva laica con continue concessioni alla sharia più retriva.

  2. Per favore non parlate solo di questi presidenti dimendicando ” i Presidenti Ereditari” Esempio Assad ,per dirne uno tra i piu` vicini, e poi tutti quelli del blocco ex sovietico ed altri.
    Ma tornando a Bouteflika, nel 99 ad Annaba era alla testa di uno stuolo di personaggi che marciava in mezzo alla strada e che avrebbero calpestato anche i propri genitori se si fossero trovati sulla strada.
    Gli osservatori internazionali dove erano?

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